«Per produrre è necessario avere l’Aia e se nel frattempo quest’Aia non arriva, tra pochi giorni c’è una sentenza che inibisce tutte le attività produttive». 
Nella videocall di ieri con sindacati e Federmanager, la federazione dei dirigenti di azienda, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, delinea il rischio che entro luglio il Tribunale di Milano, che ha già assunto la causa in decisione, possa ordinare lo stop totale all’ex Ilva applicando la sentenza di un anno fa della Corte di Giustizia Europea.
Quest’ultima, infatti, ha stabilito che un impianto industriale nocivo alla salute e all’ambiente, va fermato, e che uno dei fondamenti dell’Autorizzazione integrata ambientale, dev’essere la presenza della Valutazione d’impatto sanitario (Vis). Ora, dice il ministro, la nuova Aia è pronta, incorpora la Vis, applica i principi della sentenza della Corte UE, ma la nuova Aia non può essere operativa se prima non c’è il via libera, da parte della Regione Puglia, degli enti locali di Taranto e dell’Autorità portuale, all’accordo di programma che richiama l’Aia stessa e la decarbonizzazione della fabbrica e soprattutto ciò che serve a realizzare quest’ultima: il gas, con la nave di rigassificazione, e l’acqua, con la piattaforma galleggiante per desalinizzare l’acqua del mare. 
Acciaierie d’Italia, in verità, ha chiesto al Tribunale di Milano di rinviare la decisione a dopo l’approvazione dell’Aia, ma siccome il Tribunale non ha deciso alcun rinvio ma ha invece assunto la causa in decisione, si ritiene che il mese prossimo ci sarà la sentenza. E si ritiene elevata la probabilità che sia accolta la richiesta di inibizione della produzione avanzata da un gruppo di cittadini di Taranto e dai Genitori Tarantini.
«Se l’Autorizzazione integrata ambientale sarà emessa in tempo congruo, la sentenza di Milano avrà una soluzione, altrimenti – ammonisce Urso – ci sarà un’altra decisione. Per questo ho sollecitato gli enti locali ad un accordo pieno». 
Per il ministro, è importante sapere presto «cosa intendono fare gli enti locali» in relazione all’accordo di programma. 
«Vorrei che a decidere fossero la politica e le istituzioni che gli elettori hanno scelto, in modo che si possa provvedere alla fase successiva, altrimenti altri decideranno per gli elettori e per la politica» avverte Urso, rilevando che «se non c’è un accordo di programma che consente il rilascio dell’Aia, avremo un problema che andrà oltre i 4mila cassintegrati», che è il numero di lavoratori sospesi su cui si è cominciato a discutere al ministero del Lavoro. «Io – prosegue Urso – ho sempre esposto chiaramente la situazione dell’ex Ilva e gli scenari che si aprivano davanti a noi affinché vi fosse consapevolezza, ma la risposta ufficiale è stata: Taranto non si fa ricattare. Quindi io oltre una certa cosa, non posso andare». Se non ci fosse consenso all’arrivo del gas, a quel punto il Governo valuterebbe di costruire altrove l’impianto del preridotto (Dri) per alimentare i nuovi forni elettrici. Probabilmente a Genova. «Dobbiamo cominciare a delineare un percorso diverso» sostiene Urso. Ecco perché, aggiunge, «è importantissima la decisione degli enti locali, perché se sapremo che si può fare o non si può fare il Dri a Taranto, e quindi se si può produrre o non produrre inizialmente con gli altiforni e poi con i forni elettrici, sapremo anche quali possono essere le conseguenze occupazionali dirette o indirette».
I sindacati chiedono la nazionalizzazione della fabbrica, ma Urso risponde affermando: «Il Dri è pubblico, è lo Stato che lo realizza. L’aspetto principale, e anche il più costoso di questa decarbonizzazione, è il Dri. Quindi di quale nazionalizzazione stiamo parlando? Anche se il capitale fosse pubblico, a parte che è pubblico quello del Dri, c’è bisogno a Taranto della nave rigassificatrice che non sono io a dover decidere ma i soggetti locali». 
A Urso vengono poi eccepiti i tempi lunghi della decarbonizzazione, che andrà a regime nel 2039. Risponde Urso: «Sono disponibile ad accelerare ma ho bisogno di più gas subito. Perché un conto è avere oggi un terzo del gas e poi le altre quote necessarie negli anni a seguire attraverso step progressivi, altra cosa, invece, è avere entro tre-quattro anni il gas che serve ad alimentare sia gli impianti di Dri a Taranto che i tre nuovi forni elettrici. Ma mi devono dire quale è la scelta» rimarca il ministro a proposito degli enti locali, annunciando di aver «avvertito i leader politici nazionali delle conseguenze che si sarebbero con un no all’Aia. E anche nei confronti degli enti locali sono stato molto chiaro». Nel frattempo, sottolinea, i tre investitori, gli azeri di Baku Steel Company, gli indiani di Jindal International e gli americani di Bedrock, «sono in attesa che definiamo il percorso di decarbonizzazione». E a seguito del confronto con Urso e del “momento di stallo” nel confronto con gli enti locali, Fim, Fiom e Uilm nazionali hanno già chiesto un incontro “urgente” a Palazzo Chigi, mentre le sigle metalmeccaniche di Taranto lo hanno chiesto a Regione, enti locali ed Autorità portuale. Il presidente della Regione Michele Emiliano ha convocato per martedì 1 luglio una riunione per valutare le proposte del Governo sull’acciaieria ex Ilva di Taranto. Sono stati invitati a partecipare i rappresentanti istituzionali e delle parti sociali.


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Fonte:
https://www.quotidianodipuglia.it/taranto/ex_ilva_nuovo_allarme_di_urso_grossi_rischi_senza_intesa-8924022.html