Toccherà al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano tentare una mediazione con il ministro delle imprese Adolfo Urso e il governo Meloni sul futuro del complesso aziendale ex Ilva, migliorando la bozza di accordo di programma messa a punto dal Mimit.

È questo l’esito della lunga giornata di incontri che ha visto prima Emiliano tenere una videocall con tutti i consiglieri e i segretari dei partiti e poi confrontarsi con il sindaco di Taranto Bitetti, il presidente della provincia jonica Palmisano, il sindaco di Statte Spada, il presidente dell’Autorità di sistema portuale Gugliotti.

Il governatore, dopo aver incassato la disponibilità da Fratelli d’Italia di posticipare la discussione della mozione di sfiducia nei suoi confronti, ha accolto suggerimenti, obiezioni e proposte di modifica che saranno portate all’attenzione di Urso. Emiliano d’altronde non ha usato giri di parole: «Dobbiamo discutere se l’Ilva deve chiudere, una prima opzione; se deve chiudere le lavorazioni a caldo, seconda opzione; se deve essere decarbonizzata e in quanto tempo. La decarbonizzazione consentirebbe di continuare a far funzionare la fabbrica secondo la prospettiva strategica del Governo, la chiusura dei reparti a caldo credo libererebbe migliaia e migliaia di posti di lavoro che andrebbero perduti, la chiusura totale è un’operazione complessa allo stesso modo delle altre due, che ovviamente deve essere decisa dal Parlamento, dal Governo e non può essere un colpo di mano del Presidente della Regione, che, approfittando della debolezza del sistema nel suo complesso, colpisce senza concordare con tutte le forze politiche di maggioranza e di minoranza».

Il clima è sostanzialmente pesante, tra chi è animato semplicemente dal buon senso e chi invece usa l’arma della facile demagogia, sorvolando sull’impatto che la vicenda avrà comunque sulla città di Taranto.

Oggi pomeriggio alle 16.30 si terrà la call del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, con gli enti locali invitati a sottoscrivere la bozza di accordo di programma per l’ex Ilva di Taranto. Prima dell’incontro, sarà diffuso il documento con cui gli stessi soggetti – Comuni di Taranto e Statte, Provincia di Taranto, Autorità portuale del Mar Ionio e Regione Puglia – esprimono le loro osservazioni al testo che, nelle intenzioni del Mimit, dovrà aprire la strada al rilascio della nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la fabbrica siderurgica.

È il Pd, primo partito della maggioranza del sindaco di Taranto, Piero Bitetti, ad ufficializzare la bocciatura della bozza di accordo di programma sull’ex Ilva proposta dal Mimit. «Sull’ex Ilva è in corso una partita dal futuro molto incerto. Il ministro Urso affronta la questione senza dare garanzie e provando a scaricare la responsabilità sul sindaco di Taranto. Lo strumento dell’accordo di programma proposto non tutela nei contenuti la città e i lavoratori e disegna uno scenario industriale ancora a carbone e con tempi e risorse incerti e in continua variazione» dichiara Mattia Giorno, consigliere del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, per l’area di Taranto ed esponente Dem. «La nostra città – dice Giorno – reclama rispetto e chiede un percorso diverso e condiviso. Non possiamo ignorare questo tentativo di scarica barile nei confronti della nuova amministrazione quando a emergere chiaramente è il fallimento delle scelte del Governo negli ultimi due anni. Piuttosto ci dica il ministro cosa intende fare rispetto alla possibilità di estendere le misure collegate alla legge sull’amianto ai lavoratori ex Ilva». Per Giorno, che è il consigliere comunale di Taranto più suffragato alle recenti elezioni, «ci sarà da lavorare e tanto per garantire a Taranto un futuro stabile e senza prese in giro verso la città e i lavoratori».

I punti che hanno destato le critiche maggiori sono l’arrivo della nave di rigassificazione a Taranto, sulla quale non c’è condivisione anche se ora viene proposta come soluzione transitoria, la tutela sanitaria della popolazione, che si ritiene ancora inadeguata, e la produzione di 6 milioni di tonnellate, che si giudica irrealistica visto lo stato impiantistico della fabbrica almeno per quest’anno e il prossimo. Inoltre la stessa ex Ilva ha dichiarato che quest’anno, a causa dell’incendio e del sequestro dell’altoforno 1, si calcola una produzione di appena un milione e mezzo di tonnellate. Questo porta l’azienda a dover aumentare la cassa integrazione straordinaria di cui oggi alle 11 si discuterà con i sindacati al ministero del Lavoro. Sarà però solo un approfondimento. Per il momento non si dovrebbe firmare alcuna intesa. La nuova cassa, che riflette lo stato dell’azienda, è stata chiesta per 4.046 unità, di cui 3.538 a Taranto. Numeri già comunicati ai sindacati e che adesso vengono formalizzati attraverso la procedura al ministero del Lavoro. La nuova cassa, come chiesto anche dalle sigle metalmeccaniche negli incontri a Palazzo Chigi, sostanzialmente ricalca quella di luglio 2024, quando l’ex Ilva, come ora, aveva un solo altoforno (sempre il 4) operativo. Allora le parti si accordarono al ministero del Lavoro per 4.050 dipendenti in cassa, di cui 3.500 a Taranto. Successivamente a marzo scorso vi fu un accordo che la ridusse: 3.062 nel gruppo, di cui 2.680 a Taranto. Ma dopo l’incendio all’altoforno 1, c’è stata nuovamente la necessità per l’azienda di far risalire la cassa integrazione.


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Fonte:
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1756796/sul-futuro-dellex-ilva-mediazione-di-emiliano.html