Un vertice riservato con Snam a Roma. Poi la partenza per Manduria e le parole pronunciate sotto i riflettori del «Forum in Masseria» di Bruno Vespa. Nella giornata che ha rimesso Taranto al centro del dibattito nazionale sull’industria e la transizione ecologica, il ministro delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso ha scandito tempi e condizioni del futuro dell’ex Ilva. «Taranto deve poter contare su una vera decarbonizzazione», ha detto dal palco, «ma senza un piano energetico adeguato non sarà possibile realizzare la transizione industriale dello stabilimento siderurgico».

Dietro le quinte, poche ore prima, Urso e il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, avevano ricevuto a Palazzo Piacentini l’amministratore delegato di Snam, Agostino Scornajenchi. Sul tavolo, proprio il nodo del rigassificatore. «Senza la nave FSRU, con tutte le autorizzazioni, non sarà possibile alimentare i forni elettrici», ha spiegato il ministro. È questo, oggi, il cuore della sfida per il rilancio dell’impianto tarantino: un piano industriale che poggia sulla disponibilità di gas e che vede nella nave rigassificatrice attraccata nel porto di Taranto il perno della strategia nazionale sull’acciaio green.

Il governo si dice pronto. Ma, ha precisato Urso, «non ho ancora avuto riscontro dagli enti locali. A Taranto abbiamo l’ambizione di realizzare un piano di piena decarbonizzazione dell’impianto per produrre, se troveremo l’intesa, 6 milioni di tonnellate green man mano che gli altoforni potranno essere sostituiti dagli impianti a forno elettrico».
L’8 luglio, al Mimit, si terrà un tavolo istituzionale ad oltranza. «Abbiamo convocato tutte le amministrazioni interessate: ministeri, Regione, Comune, Autorità portuale. Il governo chiederà ai territori di esprimersi chiaramente. L’accordo di programma che definirà tempi, risorse, compensazioni e opere sarà la chiave per ottenere l’Aia e aprire la strada agli investimenti. Perché, nel frattempo, la trattativa con i potenziali nuovi soci industriali prosegue. E la cornice normativa, assicura Urso, «si sta adattando alle esigenze del nuovo paradigma europeo».

Il ministro ha specificato che «le risposte» da parte degli enti locali «sono urgenti perché c’è una sentenza che incombe, quella del tribunale di Milano che è stata già rinviata in attesa dell’Aia sanitaria, ma è una sentenza che è stata già scritta: la chiusura dell’intero stabilimento». E «proprio per questo abbiamo chiamato gli enti locali a condividere con noi il programma di piena decarbonizzazione». Il piano del governo prevede la realizzazione di tre forni elettrici e due impianti DRI alimentati inizialmente a metano, in prospettiva con idrogeno verde.

«L’impianto non andrebbe a Genova» anche se venisse rifiutata la nave rigassificatrice a Taranto, ha puntualizzato il ministro. Il nodo ora è politico e territoriale. E proprio da Genova, il presidente della Regione Marco Bucci ha dichiarato che il capoluogo ligure «ha la possibilità di giocare un ruolo primario, che vuol dire investimenti, posti di lavoro, ricadute sul territorio e dare all’Italia l’acciaio di cui ha bisogno»


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Fonte:
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1763701/ex-ilva-urso-da-vespa-senza-aia-taranto-chiudera.html