Il giudizio delle istituzioni locali sui contenuti dell’accordo di programma sull’ex Ilva proposto dal Governo resta molto critico ma il confronto intanto si è aperto. Non convincono i tempi lunghi (2039) della decarbonizzazione con i tre forni elettrici, non si scorge alcun collegamento con chi e come, e con quanti occupati, dovrà investire nella fabbrica, non è condivisa la nuova Autorizzazione integrata ambientale ma, soprattutto, non piace l’arrivo di una nave di rigassificazione nella rada di Taranto. Tuttavia, da ieri pomeriggio la discussione – o la trattativa secondo altri punti di vista – è comunque partita e adesso si vedrà come cambiare l’impostazione dell’accordo di programma cercando di trovare un punto di sintesi tra Roma, Bari e Taranto.

Alla videocall che ha promosso il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, c’erano il governatore della Puglia, Michele Emiliano, i sindaci di Taranto, Piero Bitetti, e di Statte, Fabio Spada, il presidente della Provincia, Gianfranco Palmisano, e il commissario dell’Autorità di sistema portuale, Giovanni Gugliotti. A Urso sono state riproposte tutte le preoccupazioni, le perplessità e i dubbi che l’altro ieri le istituzioni locali hanno esternato nel confronto a Bari con Emiliano. Che ieri nella videocall, raccontano fonti partecipanti al tavolo, ha coordinato un po’ la discussione, partita dall’ascolto di tutte le istanze. Una nota del Mimit dice che il ministero di Urso “ha confermato la massima disponibilità a valutare e recepire le eventuali istanze che emergeranno dal territorio in un’ottica di piena e leale collaborazione tra organi dello Stato. Le amministrazioni coinvolte sono state invitate a trasmettere nelle prossime ore le proprie proposte di modifica alla bozza dell’accordo di programma interistituzionale attualmente in esame”.

Ma intanto la questione che ha la priorità sulle altre dell’accordo di programma, è quella del gas. Gas che serve ad alimentare sia i tre impianti di preridotto, sia i tre forni elettrici. Secondo stime, servono in complesso tre miliardi di metri cubi di gas l’anno, uno per ciascuna coppia di impianti. Allora, come far arrivare il gas? Per Urso, la soluzione è e resta la nave, che nella seconda bozza è diventata una soluzione temporanea e transitoria e tra l’altro non si parla nemmeno più sia del molo polisettoriale che dei nove chilometri di collegamento allo stabilimento.

Urso sul gas è stato netto. Avrebbe detto: se a Taranto la nave non la volete, ditecelo, perché a quel punto valutiamo la possibilità di fare l’impianto del preridotto altrove, magari al Nord, portandoci anche la nave. Perché, ha ribadito il ministro, l’impianto di preriduzione è assolutamente necessario, va alimentato dal gas, e l’Italia non può dipendere per questa produzione dall’acquisto dagli altri Paesi. E per Urso – che ieri ha pure annunciato che Jindal International, che ha avanzato un’offerta anche per l’ex Ilva, ha intanto comprato un’acciaieria in Slovacchia – se agli azeri di Baku Steel Company non si danno garanzie e certezze sull’approvvigionamento del gas, così come sul rilascio della nuova Aia, che è la “licenza” necessaria a produrre e a gestire gli impianti, è molto difficile che possano acquisire gli stabilimenti del gruppo e investirvi.

Ma Urso ha pure raffreddato l’ipotesi di usare per l’ex Ilva il raddoppio del gasdotto Tap, che dall’Azerbaijan arriva a Melendugno, nel Salento, dopo aver attraversato il Mare Adriatico, ipotesi che ha caldeggiato il sindaco Bitetti come alternativa alla nave. Secondo il ministro, il raddoppio del gasdotto Tap – per il quale il ministero dell’Ambiente ha escluso il ricorso alla Valutazione di impatto ambientale non essendoci problemi al riguardo – è sì un progetto in itinere, ma non si può dire quando partirà.

Urso ha detto di averne parlato l’altro ieri, nella visita in Azerbaijan, con il ministro dell’Economia, Mikayil Jabbarov, e il presidente della Repubblica, Ilham Aliyev, dopo l’inaugurazione della centrale di Ansaldo Energia. Sembra che la Banca Europea degli Investimenti (BEI) possa avere problemi a cofinanziare il raddoppio di Tap considerato che è un investimento basato sulle fonti fossili mentre la Ue si sta orientando su altre fonti, sulle rinnovabili, e soprattutto sulla sostenibilità ambientale. E allora si potrebbe magari usare il gas del giacimento lucano di Tempa Rossa, il cui petrolio è già destinato a Taranto per essere lavorato dall’Eni, ha suggerito il presidente Emiliano. Solo che la fattibilità o meno di quest’ulteriore percorso, è cosa che va verificata. Urso si è ripromesso di farlo con il ministero dell’Ambiente.

Venendo alle posizioni espresse ieri, Bitetti – raccontano le fonti – è stato il più critico, riconfermando la contrarietà sui tempi al 2039, sulla piattaforma di desalinizzazione e sulla nave per il gas. Palmisano, invece, ha sollevato soprattutto il problema del dissalatore e dei relativi impatti ambientali, Spada ha rivendicato tutele sanitarie adeguate per Statte, mentre Gugliotti ha detto che se la nave deve eventualmente esserci, sia posizionata a 12 miglia dalla costa come a Piombino per non creare intralci al porto e non essere vicina alla raffineria.

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Fonte:
https://www.quotidianodipuglia.it/taranto/ex_ilva_vertice_mimit_enti_locali_nodo_resta_sempre_gas_urso_ascoltiamo_proposte-8919763.html