C’è un nuovo decreto legge per l’ex Ilva. Lo ha varato ieri il Consiglio dei ministri e prevede un aiuto di altri 200 milioni affinché l’azienda possa andare avanti tra produzione, lavori e stipendi. E 200 milioni sono l’entità dell’intervento finanziario che Quotidiano aveva anticipato nell’edizione dell’11 giugno, anche se pare che il Mimit avesse chiesto di più, intorno ai 300-350 milioni. Tuttavia i soldi non sono l’unico elemento del decreto denominato “Misure urgenti a favore dei comparti produttivi”. Nello stesso decreto si prevede infatti il finanziamento della cassa integrazione sino al 2027, mettendo a budget circa un’ottantina di milioni (nel dettaglio, 28,7 per il 2025, 28,3 per il 2026 e 26,8 per il 2027). L’intervento in questione, in continuità con quello in corso, “è diretto alla salvaguardia dei livelli occupazionali, alla gestione degli esuberi e all’attivazione di percorsi di reindustrializzazione”.

Inoltre, è soppresso il riferimento all’uso dell’idrogeno per l’impianto del preridotto che alimenterà i futuri forni elettrici. L’utilizzo dell’idrogeno era contenuto in un decreto del 2019 e ora aver tolto questo riferimento conferma ulteriormente che la transizione della fabbrica avverrà con il gas. Sempre sull’impianto del preridotto, il dl appena varato dice che la società che si occupa dell’investimento, cioè Dri d’Italia, che fa capo a Invitalia, “può procedere alla realizzazione e alla gestione dell’impianto mediante selezione di socio privato”.

Altre novità del decreto sono la possibilità per la Regione Puglia di usare l’avanzo di amministrazione del 2024 per l’indotto e l’istituzione di un commissario. Si occuperà, recita il decreto, di semplificare gli investimenti negli stabilimenti di interesse strategico nazionale. Ci si riferisce a investimenti superiori ai 50 milioni di euro, “localizzati all’interno delle aree industriali ex Ilva, nonché per quelli localizzati nelle aree esterne purché correlati alla funzionalità dello stabilimento”.

Il decreto comincerà a breve l’iter parlamentare, ma nel frattempo la situazione di Acciaierie resta complicata a causa del fatto che, dopo l’incendio all’altoforno 1 e il sequestro senza facoltà d’uso da parte della Procura, il siderurgico marcia con un solo altoforno, il 4, che peraltro negli ultimi giorni ha dovuto fermarsi per due volte a distanza ravvicinata. E che lo scenario sia critico tanto oggi quanto in prospettiva, lo dice non solo l’estensione della cassa integrazione sino al 2027, ma anche l’aumento dei numeri per la cassa in corso. In verità, quest’incremento l’azienda lo aveva comunicato già alcuni giorni fa – e avrebbe voluto andare oltre i 4.000 cassintegrati nel gruppo puntando a 5.000-5.500 -, ma ieri sera, dopo l’incontro del pomeriggio al ministero del Lavoro, ha messo nero su bianco. La richiesta aziendale si basa su “un numero medio massimo di contestuali sospensioni pari a 4.050 dipendenti rispetto alle 3.062 unità ad oggi autorizzate”. Di questi 4.050, 3.500 saranno a Taranto (2.813 operai) e 550 negli altri siti. La cassa sale, dice Acciaierie, perché se un anno fa con il piano di ripartenza si prevedeva di produrre 3,5 milioni di tonnellate, adesso, con quello che è accaduto, ci si attesterà ad un milione e mezzo.

«Come in ogni altra procedura, sia garantito sostegno al reddito ai lavoratori, formazione e rotazione, e che l’utilizzo della stessa sia consono alle necessità impiantistiche» chiede Valerio D’Alò della Fim Cisl. Adesso, aggiunge D’Alò, «aspetteremo i prossimi step augurandoci che quello che si sta facendo porti nella direzione di realizzare quanto annunciato nell’incontro a Palazzo Chigi». «I rappresentanti del ministero del Lavoro – sottolinea Guglielmo Gambardella della Uilm – hanno confermato le valutazioni in corso su un nuovo piano di incentivazione e le nuove iniziative formative che potrebbero essere messe in campo dalla Regione Puglia. Abbiamo motivato queste richieste immaginando un’Ilva del futuro decarbonizzata, con la produzione a forni elettrici, che inevitabilmente prevederà diversi livelli occupazionali e con diverse competenze». «La cassa integrazione non basta, non è sufficiente, abbiamo detto al ministero del Lavoro che è ora di avere strumenti per gestire la complessità della situazione», sollecita Loris Scarpa della Fiom Cgil. Mentre Piero Pallini e Vincenzo Mercurio dell’Usb sostengono che «andrebbero studiate soluzioni strutturali ad hoc. Il ricorso futuro alla cigs deve mettere al sicuro i lavoratori», ma avverte il sindacato, servono anche «le risorse necessarie a governare la transizione», nonché «i conseguenti e sacrosanti provvedimenti in favore dei lavoratori».

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Fonte:
https://www.quotidianodipuglia.it/taranto/ex_ilva_nuovo_decreto_produzione_200_milioni_sparisce_idrogeno_futuro-8894503.html